SOLITUDINE MEDIATICA E CROCE

la speranza di un nuovo incontro. La ricerca amorosa di Maria Maddalena, «di buon mattino, quando era ancora buio» (Gv 20,1), è il preludio necessario all’incontro con lo sposo.
Una speranza che non delude, «perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito» (Rm 5,5-6).
Mi sembra perciò oggi più che mai attuale il titolo di un’intervista rilasciata un po’ di anni fa da Martin Heidegger alla rivista tedesca «Der Spiegel» (resa il 23 settembre 1966 e pubblicata il 31 maggio 1976): «Ormai solo un Dio ci può salvare». Si tratta – secondo quanto è esplicitato meglio dal filosofo – non tanto di raccomandarsi a Dio nelle sventure, ma tale appello a Dio è tutt’altra cosa: «Poiché Dio è tutto in tutto, il mio appello a Dio è immediatamente Dio stesso che si concretizza in me. Egli sta eminentemente nell’uomo interiore e perciò, quando si manifesta, lo fa come “la mia” espressione stessa»21. Il riferimento a Dio, pienamente manifestatosi in Cristo Gesù, Crocifisso e Risorto, è l’unico modo per uscire fuori dalla solitudine e trovare una risposta piena ad ogni domanda di senso che l’uomo si pone. «Cristo Gesù, nostra speranza» (1Tm 1,1) è Risorto! «Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? … Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati» (Rm 8,35.37).
Questa certezza illumina la solitudine mediatica, la redime fino a riconsegnare all’uomo la sua libertà e il suo essere in relazione. Sarà capace di crearne di nuovi ma per lo sviluppo integrale della persona.v

21  M. Heidegger, Ormai solo un Dio ci può salvare. Intervista con lo «Spiegel», a cura di A. Marini, Guanda, Parma 1987, 84.