In occasione del Congresso eucaristico-mariano di Faenza, nel 1958, papa Giovanni XXIII, allora patriarca di Venezia, così giustificava il legame tra il culto eucaristico e quello mariano: «Nell’Eucaristia ci alimentiamo precisamente di quel corpo che nacque da Maria e cantiamo commossi Ave, verum corpus natum de Maria Virgine. Un’altra ragione sta nella convinzione dei fedeli, sviluppata dai teologi, che tutte le grazie, e quindi anche l’Eucaristia, vengono concesse con la cooperazione di Maria».Il teologo Hans Urs von Balthasar individua l’origine di questa ineffabile armonia nell’esperienza religiosa della Madonna, infinitamente superiore a quella dei discepoli, perché affonda le sue radici nel mistero della concezione verginale, della sua gestazione: non vi è esperienza umana in lei che non sia esperienza del Cristo e, di conseguenza, di Dio.
Con una felice intuizione, derivata da una profonda devozione eucaristica, san Pietro Giuliano Eymard propose di venerare la Vergine come “Nostra Signora del Santissimo Sacramento”, definendola madre premurosa che guida i fedeli all’Eucaristia, in quanto presente in ogni comunità ecclesiale che celebra e vive il Sacrificio, che ascolta la Parola di Dio, che prega, che offre al Padre il Figlio unigenito. Infatti a lei possiamo pensare come la prima adoratrice del Verbo incarnato, del Cristo suo figlio, realmente presente nel Pane consacrato, «Il Pane della vita da lei donato, al posto del pane della stanchezza, che ci aveva dato Eva», come canta in un inno Efrem il Siro. E san Pier Damiani prosegue idealmente questo confronto: «Eva si è cibata e noi siamo stati condannati al digiuno eterno; Maria ci ha dato di che cibarci, e l’ingresso alla mensa celeste è stato spalancato dinanzi a noi. Nessun elogio umano può essere all’altezza di colei il cui ventre purissimo ha dato il frutto che è l’alimento della nostra anima».
Ripercorrendo le tappe dell’esistenza terrena della Vergine, accompagnati dall’evangelista Luca, è possibile individuare non solo una progressiva maturazione umana e materna della Madonna, ma anche una crescente unione con il Figlio e la sua missione di salvezza, quasi una perfetta conformità con lui: da Betlemme, la “Casa del pane”, a Cana, dove, per sua intercessione, si bevve il vino, segno anticipatore dell’Eucaristia, fino alla condivisione della mensa, nella prima comunità dei discepoli.
Nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, a Roma, il mosaico del catino absidale ritrae il Signore Gesù Cristo, assiso in trono, che tiene un braccio sulla spalla di Maria sua madre, seduta accanto a lui: un gesto che al primo sguardo appare statico e imperioso, ma che, se rivisitato, evoca il profondo legame tra i due, l’affetto del Figlio che si concretizza in un atto di protezione verso la Madre, madre del suo corpo e madre del Pane di vita che è l’Eucaristia, dono materno per eccellenza, secondo la tradizione patristica. Un devoto anonimo del secolo X, preparandosi a ricevere la Comunione, cosi pregava: «Maria, abitacolo della benevolenza divina, conservami senza macchia per ricevere la perla preziosa e santificami».
Madì Drello